Confusione!
Brescia, mercoledì 29 marzo 1849
di Tazio Malasuerte
Gli imperiali si rinforzano. E' una delle poche certezze. Sono arrivate altre dodici compagnie (millecinquecento uomini circa con tre pezzi di cannone) da Peschiera e Verona. Ora i nemici possono contare su tremila cinquecento uomini con otto pezzi di cannone a cui vanno ad aggiungersi la guarnigione del Castello, forte di circa seicento uomini con quattordici pezzi di artiglieria. Cresce anche il numero dei difensori: alcuni esploratori mandati a Milano hanno portato una copia dell'armistizio di Novara. Che sancisce di fatto la fine di ogni sogno. "Ma l'amore che i Bresciani avevano posto nei Piemontesi e le ragioni politiche del Comitato di difesa", non fanno sembrare vera questa funesta novella. Intanto giungono altre lettere e messaggi da varie parti "che portano della guerra notizie lietissime, ma con molta varietà di circostanze”. Ormai, per chi scrive pare davvero difficile credere ad una versione piuttosto che alle altre. In due cose tutte le lettere si trovano d'accordo: Carlo Alberto, dopo essere calato a patti cogli Austriaci, avrebbe abbandonato la corona e la patria. Radetzky invece, spintosi nel cuor del Piemonte, sarebbe stato combattuto e vinto da Chzarnowski.
FARE CHIAREZZA - Le notizie sono troppe e sempre più confuse. Abbiamo vinto? Abbiamo perso? Siamo o non siamo indipendenti e dunque liberi?! Ci sembra di navigare a vista. Se siamo liberi, perchè non arrivano i rinforzi? Così il Comitato di pubblica difesa, “temendo che le contraddicenti novelle fornissero materia a dispute oziose e a gelosie di partito”, dà alle stampe un bollettino ufficiale (nella foto) che acclama Chzarnowski salvatore e "liberatore d'Italia", e conforta i Bresciani a seguire la bandiera del “vittorioso Piemonte”. Nel documento - secondo alcuni osservatori - "molte cose si possono appuntare, e principalmente l'avventatezza con cui si narrano eventi immaginarii o incerti": Tutto e il suo contrario diventano verità per Brescia. Tutto e il suo conntrario. Come se Italiani e anti-italiani avessero uguale dignità.
Nel documento il Comitato ammette d'aver avuto notizia dell'accaduto il giorno prima, ma di aver preferito nascondere fino ad ora ai cittadini la notizia delle questioni politiche che stavano agitando l'Italia, e specialmente il Piemonte, "onde i Bresciani non pronunciassero che un solo grido: fuori lo straniero, viva l'indipendenza". Ormai però - vi si legge - è stato tolto ogni dubbio intorno agli eventi, "e verità luminosa risplende”.
Stando a quello che dicono Contratti e Cassola, dopo il tradimento di Carlo Alberto il comando del regno piemontese sarebbe ora nelle mani del generale Chrzanowski (definito “liberatore d'Italia”). “Varie lettere dal Piemonte, alcuni dispacci del nemico intercettati, - spiega il Comitato – ci informano dell'inoltro dell'esercito austriaco fino nel cuor del Piemonte, ed altre influenti ragioni che sarebbe troppo lungo l'esporre, facevano noto al Comitato il tradimento di Carlo Alberto. Oggi, il tradimento del re non è più questione, è un fatto. Mosso dall'indignazione dei Piemontesi, lo stesso parlamento di Torino ad acclamazione di popolo dichiara la dinastia savoiarda decaduta, nominando dittatore Chrzanowski. Questi accetta l'incarico fa fucilare gli ufficiali traditori, purga l'esercito e, rotto l'armistizio, intima guerra a morte a Radetzky”. Secondo il manifesto, Chrzanowski si sarebbe poi accordato con “vantaggiosissimi patti” con gli Austriaci che (è stabilito!) si ritireranno fino a Verona, lasciando le fortezze di Peschiera e Mantova. “Bresciani! Ricordate quante difficoltà si facevano insorgere per prendere Peschiera, e che Mantova si diceva inespugnabile. Che volete? Chrzanowski ha trovato il segreto di conquistarla, tenendosi alla distanza di un centinaia di miglia. Oh questi sì che si può ciamare prodigio! Molti corrispondenti ci assicurano queste notizie. Viva Chrzanowski, viva I'indipendenza”.
VIVA CHRZARNOWSKY? - Tanto per capirci, il "liberatore d'Italia", Wojciech Chrzanowski (nella foto) è lo stesso generale che partecipò alla campagna di Russia di Napoleone ed alle battaglie di Lipsia, Parigi e - niente meno - Waterloo, una carriera costellata di successi. Si vocifera che Contratti abbia discusso a lungo e non senza screzi e dissapori con Cassola sull'opportunità di firmare tale documento e che alla fine, forse più per ragioni di pericolo contingente, abbia deciso di apporre la prorpia firma. “La naturale conseguenza di notizie così stranamente contraddittorie ed insieme capitali nella loro importanza, lascia confusi i cittadini, ondeggianti fra la speranza e la disperazione, quasi dovessero esaltarsi fino ad uno stato da avvicinare il delirio”.
NON C'E' TEMPO PER PENSARE - Le bombe austriache tolgono la voglia di cianciare, così “i migliori se ne tornano sulle mura e tra le barricate. A loro bastava sapere l'esercito piemontese vincitore”. Il fuoco ricomincia verso mezzogiorno “assai gagliardo” per via dei rinforzi imperiali da Peschiera e Verona.
I nostri tengono (ancora per poco) S. Francesco di Paola. I nemici riescono a stendersi fin sui fianchi del Ronco sovrastante. Il nemico si avvicina e la confusione aumenta. Di stato davvero confusionale dà prova il nobile Giuseppe Legnazzi, che decide di dare l'assalto al Castello facendo “assegnamento sulle bande dei nostri stanziati sui Ronchi”, ma gli imperiali si sono già portati in alto e aprono il fuoco contro l'avamposto di S. Francesco di Paola. Lì sta Don Boifava che essendo inferiore per uomini e munizioni, nella certezza di essere accerchiato, ordina ai suoi di abbandonare il villaggio e ritirarsi sui colli. Mentre la battaglia infuria fuori le mura, Leske ricomincia il bombardamento dal Castello. La maggior parte dei proiettili è diretta su Torre-Lunga, dove i cittadini si radunano per le sortite. Quel giorno, insieme ad una fastidiosa pioggia, parecchie palle cadono dal cielo anche sull'Ospedale Civile. “Il Comitato, mosso a sdegno, decide di inviare un messaggio al capo-medico militare del nosocomio di S. Eufemia, col monito, che se il Castello non avesse rispettata la bandiera sanitaria, esso e gl'infermi suoi avrebbero pagato la legge del taglione”.
DOPPIO FRAINTENDIMENTO – Viene subito nominata una delegazione da inviare a Nugent preceduta da bandiera bianca. Nel veder giungere il drappello, ai bresciani che stanno a difesa della porta viene un sospetto: “che quella bandiera parlamentare tutelasse dei municipali, latori al Nugent di patti di resa”. I cittadini – sotto le bombe – si oppongono con tale fermezza che ci vuole tutta l'arte diplomatica del comandante Speri per convincerli delle reali intenzioni dell'ambasceria: concordare col nemico “il rispetto dovuto, secondo le leggi di guerra, ai sacri ospizii degl'infermi”. Anche gli imperiali, per parte loro, ricevono con superbia i messaggeri e, anzi tengono in ostaggio un sacerdote che faceva parte “dell'ambasceria”. Credendo pure loro che Brescia sia sul punto di capitolare, lanciano un altro ultimatum di un'ora. Nel frattempo, approfittando del tempo stabilito, gli austriaci si spingono fin sotto la porta "e cacciano avanti il prete, senza guardare se sia passata l'ora pattuita, per darsi al più vile e accanito degli assalti incendiando case e ville sui Ronchi". I nostri, davanti a tale spettacolo, divampano di rabbia: "strappata la bandiera di tregua e calpestatala nel fango, gridano di voler piuttosto seppellirsi colle donne loro e coi figli sotto le rovine della città, che comportare siffatto ludibrio”.
GIURARE SU UNA BOMBA – Sotto le cannonate proseguono confusamente i giureconsulti tra cittadini su come vendicare l'insulto asburgico. Una bomba scoppia proprio vicino al gruppo riunito. Un difesore ne afferra il più grosso frammento “e su di esso, come sul libro del Vangelo, tutti stesero a gara la mano, facendo giuramento di morire anzi che cedere. Di quel gesto fu tanto nobile la fierezza e l'unanimità, che molti, come a religiosa cerimonia, s'inginocchiarono, e molti piangevano di commozione”. Il trasporto è tale che tutti cominciano a gridare: “alla porta! alla sortita!”. Escono, non si possono trattenere in alcun modo, tanto che si mettono a rincorrere il nemico che ben conosce la furia bresciana, ed è costretto a ritirarsi nuovamente verso S. Francesco. La notte e il silenzio scendono sopra un altro giorno, il settimo, di sogni, incertezze, agitazioni e battaglie. Per ora è finita. Al futuro penseremo domani.
19 commenti:
Radeztky Strafottiti...merde
Pensavo al fatto che, nonostante intenet, la TV, ecc... anche oggi in clima di guerra risulta ancora difficile capire di quali notizie fidarsi.
A Londra si fanno conferenze per decidere del futuro della Libia,intanto qui da noi si parla dello sgarro all' Italia, non invitata alla videoconferenza per decidere della missione e degli immigrati che arrivano sulle nostre coste, ma qualcuno ha capito come sta andando questa guerra? L' inattendibilità delle fonti è totale, si riportano dispacci ora dei ribelli ora del Rais...i ribelli hanno preso questa città. Poi la smentita: NO, non l' hanno presa. Ogni tanto si parla di bombardamenti sulla villa del Rais. Se fosse stato vero tutte le volte, quella villa ora sarebbe già un buco nel suolo. E' morto il figlio di Gheddafi. No, non è morto...
A Londra si discute del futuro della Libia, ma del presente della Libia, sembra non saperne un bel niente nessuno.
E' vero.
Rettifico, non so se sia vero a priori, ma anche io ho la stessa sensazione.
Comunque nel 1848 stavano messi molto male come comunicazioni.
Immagino i ritardi immensi tra la partenza di un dispaccio e la risposta.
Se il piccione veniva impallinato, addio risposta.
Tempi eroici anche per i piccioni.
Sicuramente.
Comunque chiarisco che io mi riferivo solo all' inaffidabilità delle fonti.
Nonostante internet e quant' altro, in casi estremi la situazione resta la stessa di allora: quali sono le notizie attendibili e quali no?
Che accade realmente sul lontano fronte?
So di un eroico piccione viaggiatore che,
impallinato da un soldato austriaco,
prima di morire:
gli scagazzò sulla bandiera,
si gettò in picchiata sul suo petto,
gli strappò il cuore
e lo gettò in faccia a un' altro austriaco che,
furibondo,
si avventò sul piccione e, strappandogli una gamba,
si impossessò del biglietto che esso portava.
C' era scritto:
"Vi rimandiamo giù questo piccione viaggiatore che el gà sa fàt abastansa dann...Ocio che l è catif!"
Non parlatemi di piccioni!
Per chi conosce lampedusa sa quanto sia bella ma i lampedusani? anche loro soffrono della stessa sindrome di un intero popolo, sono italiani. Succede così che anche loro non possono fare a meno di accogliere il presidente. Dopo Napoli con i rifiuti e l'Aquila con il terremoto Il Sultano se ne va a sparar cazzate anche lì. E' un fiume in piena. Decide addirittura in 5 minuti di comprarsi una villa, di dichiarare l'isola patrimonio dell'umianità e proporre i lampedusani per il nobel della pace!!! Gli isolani se ne vanno cazziati e contenti come quando hai appena finito di vedere un film con totò o erano due giorni che non riuscivi ad andare al bagno...fisiologico
andrà ancora due o tre volte poi fra un mese lo vorranno linciare e non si farà più vedere
10 100 1000
piccole vedette lombarde...
10 100 1000
piccole vedette lombarde...
della serie chissenefrega...
se nel 2013 vince di nuovo Berlusconi e questa volta in coppia solitaria con il Bava giuro che restituisco il passaporto...
che vergogna!
guardatevi il discorso che ha fatto a lampedusa e sentitevi le dichiarazioni di Bossi poi guardate cosa stanno facendo oggi in parlamento...che vergogna, che schifo!
Se nel 2013 vince di nuovo Berlusconi e questa volta in coppia solitaria con il Bava giuro che brucio il passaporto...
Altro che monetine...tiratelo giù quel cazzo di covo di bastardi!
basta... tifiamo rivolta
le 10 giornate dell'italia...fuori gli invasori berluscones
Ok Carmela... però prima assicurati di essere in un altro paese, se no non te nepuoi più andsare da questa nazione di merda
Dall'Intervento di Ruzzenenti di Sabato al Parco Ambiente:
Sei domande alle Autorità di Brescia:
1. Perché a Brescia non vengono messe in rete e rese pubbliche,
periodicamente, le analisi dei campioni dell’acqua potabile (con
l’aggiunta, specifica per Brescia, del tetracloruro di carbonio)?
2. Perché i limiti per gli inquinanti cancerogeni (Como VI e solventi
clorurati) per l’acqua potabile sono molto più alti di quelli previsti per la
falda?
3. Perché, stando a quanto comunicato dall’Asl, nei controlli non viene misurato il tetracloruro di carbonio, l’inquinante più tossico e caratteristico della falda di Brescia?
4. Quali sono gli interventi in atto e quali quelli programmati per
bonificare la falda della città e in quali tempi si ritiene di riusirvi?
5. Il Comune di Brescia ha predisposto i provvedimenti amministrativi, tecnici e finanziari atti ad evitare che, con la definitiva chiusura della
Caffaro, venga meno la tenuta in sicurezza della falda e si determini una contaminazione catastrofica della stessa?
6. Nel frattempo, siamo sicuri che non sia imprudente consentire nelle
scuole ai bambini di Brescia di assumere l’acqua del rubinetto?
viva l'italia
Avete visto la paginetta scolastica
riassuntiva (molto riassuntiva)dei risultati delle analisi dei campioni dell’acqua potabile messe in rete da A2A?
Sarebbe spassosissima se non fosse drammaticamente espressione di un modello profondamente violento.
Mancano completamente i risultati delle analisi relative agli agenti pericolosi.
Ci sono le indicazioni di qualche ione e basta praticamente. Sembra di leggere l'etichetta di un'acqua della salute.
Vengono presentati dati fortemente raggruppati e mediati, facendo intendere che ha un qualche senso razionale l'accorpamento e l'estrazione della media su campioni prelevati da più siti.
L'unico senso razionale che può avere l'operazione di media è quello di non mostrare i picchi anomali, dimostrando un perfetta aderenza con lo stile dei benpensanti di Brescia.
Ma chi le ha pensate queste pagine in rete? Topo Gigio?
E' una vergogna, un insulto all'intelligenza dei cittadini.
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