Cara è la fine...ci annusano ormai,sentono il lezzo del panico che spruzza in freddi sudori il terrore che c'è.Non glieli daremo per ungersi dei nostri mali stillanti le mani avide:che ci tocchino morti, secchi e gelidi.Oh, non piangere,urla piuttosto e lasciamo di noi un ricordo toccante.Stringiti a me,ringhiagli addosso e poi sparami mentre io sparo a te.Dieci pistole spianate e dieci sguardi ruvidi e tesi che puntano qui dentro l'auto, e la corsa finisce così. Cara è la fine...perdonami.Oh, non piangere,urla piuttosto e lasciamo di noi un ricordo toccante. Stringiti a me,ringhiagli addosso e poi sparami mentre io sparo a te. Ci vogliono vivi e colpevoli...ma che vita è una cella? Avremo di più:quella stella che un giorno mi donasti, lassù.Oh, non piangere...

venerdì 1 aprile 2011

X Giornate di Brescia - Nono Giorno

Faustino Joli, "Combattimenti in Via delle Consolazioni"
“Chiamami Jena”
L'ultimatum di Haynau
e le Termopili di Brescia
Quando tutto sembra scritto e il destino irrimediabilmente segnato,
ognuno di noi può scegliere: vivere da schiavi o morire da uomini?


S'io avessi trentamila
di questi indemoniati Bresciani,
vorrei ben io fra un mese veder Parigi!”  H.

Brescia, Sabato 31 marzo 1849

Fosche nubi si addensano sopra la città di Brescia. La nebbia del mattino impedisce la vista alle sentinelle sulle mura della città accerchiata al nono giorno di rivolta. Nubi e nebbia, fuori e dentro le mura, fuori e dentro gli animi dei cittadini che nonostante tutto ancora non vogliono mollare. La battaglia finale sta per cominciare e nessuno ha intenzione di tirarsi indietro. Ormai abituati “alla vita soldatesca raddoppiano di vigilanza, sospettando che il nemico si avvantaggi del nebbione per tentare l'assalto”. Verso le 10, dal Castello scendono tre gendarmi e due medici con bandiera bianca e presentano ai nmunicipali un foglio datato e (“non è a dire con quanto stupore degli adunati, lo videro”) firmato tenente maresciallo Haynau (foto).

La sorpresa tradisce i volti dei municipali. “Ma non era a Mestre?” si chiedono a bassa voce come a parlare del diavolo e aver paura d'essere uditi. E se fosse un trucco di Leske? Da falsario improvvisato e disperato per i lunghi insuccessi, prova ad “ottenere col terrore di un nome, ciò che non aveva potuto colle bombe”. La conferma sta tutta nel testo del dispaccio:  "Alla Congregazione Municipale della Città di Brescia, notifico alla Congregazione municipale che io alla testa delle mio truppe mi trovo qui, per intimare alla città di arrendersi senza condizione. Avete tempo fino oggi a mezzogiorno, se tutte le barricate non verranno interamente levate, la città sarà presa d'assalto, saccheggiata e lasciata in balia a tutti gli orrori della devastazione. Tutte le uscite della città verranno occupate dalle mie truppe ed una resistenza prolungata trae seco la certa rovina della città. Bresciani ! voi mi conoscete, io mantengo la parola. Il comandante delle truppe stanziate all'intorno della città Il Tenente Maresciallo Haynau”.

La lettura del dispaccio infiamma gli animi dei cittadini (come se ce ne fosse bisogno). “Resa senza condizione entro mezzogiorno”. Cinque parole che hanno il vago sapore di una catastrofe imminente. Una funesta previsione confermata da altri vocaboli più “tecnici”: assalto, saccheggio, devastazione e rovina. Gli animi ribollono. Per una volta però si decide di agire con prudenza. Viene organizzata una delegazione che tocchi con mano la presenza effettiva di Haynau e spieghi al maresciallo le ragioni per cui Brescia insorta vuole mantenersi in armi. Della coraggiosa ambasceria fanno parte Lodovico Borghetti, Pietro Pallavicini, l'avv. Barucchelli e Girolamo Rossa, mentre un certo Novelli decide di far da vessillifero precedendoli con la bandiera bianca. Giunti in castello, i cinque vengono condotti tra due file di ufficiali, “che non si astennero dalle bestemmie e dalle minaccie”, fino ad un salotto dove li attende Haynau coi maggiorenti dell'esercito.

A COLLOQUIO CON LA JENA - I delegati raccontano i fatti degli ultimi giorni: “la città lasciata in propria balìa, gli impedimenti all'organizzazione di una Guardia civica, gli ordini dal Ministero torinese, il debito di fede che la stringe per voto solenne al regno dell'Alta Italia, e infine le notizie della guerra e i patti dell'armistizio che volevano sgombra la Lombardia dagli Austriaci”. Per testimoniare la loro buona fede porgono anche copia dell'atto al Tenente Maresciallo. Haynau osserva i bresciani come miserabili questuanti e risponde con un ghigno: “so tutto. Sono informato di ogni cosa, ma non è il momento di parlare di questi dettagli. Qui si deve parlare solo della resa,intimata alla città entro mezzogiorno” così dice rimirando l'ora: le 10.40 o giù di lì. Gli ambasciatori chiedono 48 ore di tempo per chiarire i fatti, protestando: “se un armistizio era stato firmato, anche Brescia deve esservi inserita. Se Voi invece intendete attaccare oggi stesso, sappiate che la città si difenderà fino agli estremi, con ogni mezzo, ad ogni costo”.
Come ogni Jena di fronte alla carcassa della preda, Haynau, prepara zanne e artigli, non si scompone e risponde: “Ribadisco: mezzogiorno!” I bresciani provano modestamente a rimostrare: “mezzogiorno è troppo vicino, c'è appena il tempo di notificar le Vostre parole ai cittadini”. “Le due, non oltre!” conclude senza aggiungere altro, nè ascoltare ulteriori richieste.

Giunti in città, i delegati riferiscono che Haynau si trova davvero in Castello con truppe nuove e fresche. Raccontano del tono insolente del Maresciallo ma anche di come nessuno abbia smentito l'armistizio di Chzarnowski o le sue vittorie. Particolare non indifferente. Stando così le cose e visto che i nemici non sembrano intenzionati a venire a patti, ai Bresciani non rimane che una scelta: “respingere la forza colla forza”. Solo gli uomini liberi possono scegliere, così i bresciani che la libertà se la sono conquistata col sangue, decidono di chiedere al popolo che da qualche ora è riunito in piazza Vecchia. Sangervasio esce dalla Loggia, si rivolge alla fremente moltitudine che riempie la piazza, le vie circostanti e le finestre delle case e perfino i tetti tutto intorno traboccano di persone. La moltitudine si zittisce in un istante. Sangervasio legge senza commentare l'intimazione di Haynau. E quando riferisce “le superbe parole dell'Austriaco”, dalla piazza che, mai come in questi attimi è stata cuore della città, si leva un grido che sembra voler oltrepassare il cielo e giungere all'infinito: “Guerra! vogliamo guerra!”. E il suono di quella rabbia dicono sia arrivato “fino ai colli suburbani, e fino al campo nemico”. E' mezzogiorno.

LE DONNE - In pochi minuti la piazza rimane “muta e deserta”. Corrono i difensori verso i loro quartieri e verso le case a prendere tutte le armi, a rinforzare i serragli, “a mettere gl'infermi ed i bambini in salvo nelle cantine, e a dare gli ultimi baci e gli ultimi consigli alle donne, le quali per la gravezza del pericolo, animosamente preparano le proprie armi: sassi, tegole, acqua bollente. Molte - affermano i testimoni - "sono state avvistate armate e succinte correre alle mura e alle barricate". Tutti  vogliono difendere la Patria. Oggi, la patria e la città sono più che mai una cosa sola. 

LE DUE - Allo scoccar dell'ora stabilita tutte le campane della città, “come mosse da un solo spirito, e tocche da uno stesso martello, cominciano a suonare a stormo gloriosamente”. È questa la risposta dei Bresciani alle minaccie della Jena. Ed ecco che dalle case, dai tetti, dai campanili, dalle porte comincia “il vivo moschettare” contro gli avamposti austriaci, che debolmente rispondono, con i fucilieri degli avamposti. Ma l'Impero non vuole perdere tempo. Poco lontano da Torrelunga preparano, a mezza gittata di cannone, una batteria di grossi mortai, mentre quattro nuove schiere di fanti prendono posizione, col favore della nebbia, poco fuori dalle mura. Si posizionano nei pressi delle porte della città, poco lontano dai sobborghi “per far impeto tutte assieme in attesa del segnale dalle artiglierie del Castello”. Haynau, spera di forzare con poco sangue dei suoi la città, i fuochi del castello possono straziare dal fianco diversi ingressi, principalmente Torrelunga e Porta Pile, che infatti ieri sono state duramente bombardate.

FUOCO E FIAMME - Alle tre il Castello comincia a tuonare e la città viene attaccata da ogni parte. Tutte le porte vengono colte e messe a ferro e fuoco. I pezzi d'artiglieria installati nei pressi di villa Maffei puntano contro Torrelunga, battendo furiosamente: schiantano in poco tempo le spranghe di ferro dei cancelli e spezzano la barricata esterna costringendo i nostri a ritirarsi dentro la porta. I nemici cercano di forzare il blocco, ma ne sono ributtati indietro. Dal castello vien giù “una tempesta di bombe, granate, razzi che ai difensori pare d'esser dentro un cerchio di fiamme”. I fanti di Nugent provano più volte l'assalto, i mortai di villa Maffei squarciano “con orribili colpi le crollanti trinciere”, ma il presidio della brigata del comandante Speri resiste “a guardia di un posto, che nessun soldato di professione avrebbe osato di più oltre difendere”.

La battaglia però non si concentra solo su Torrelunga. Haynau ordina al battaglione dei fanti di Baden (croati), di lanciarsi giù per la china del castello e occupare di forza l'imbocco delle contrade che conducono al centro della città. Questi però trovano duro contrasto, e vengono ricacciati più in alto da dove cominciano a tempestare di piombo e fuoco i bresciani. I difensori decidono di lasciarli scendere e che forse è meglio “combatterli nelle contrade”.


Strade coperte di cadaveri a S.Urbano

PIAZZETTA DELL'ALBERA: LE TERMOPILI DI BRESCIA - Il castello non può controllare tutta la discesa fino alle radici del Cidneo. Qui c'è il quartiere di S. Urbano che si arrampica fino a metà del colle. Per tutto lo spazio di terreno che rimane scoperto, la strada del castello scende verso alla città tirando a ponente; poi, dopo una doppia rsvolta, si mette per uno stretto dedalo di vicoli e case, fino a piazzetta dell'Albera (oggi Piazza Tito Speri): punto assai importante, dove si incrociano alcune delle principali strade. La prima barricata si trova nei pressi della chiesetta di S. Urbano. L'intenzione è quella di attirare i nemici dentro le termopili cittadine, così i nostri a poco a poco si ritirano. Gli imperiali pensano quello che ogni soldato potrebbe pensare in casi come questi: "i bresciani arretrano". E si infilano per le contrade urlando e minacciando fino a via delle Consolazioni irrompendo in piazza dell'Albera. Qui li attendono i Bresciani, appostati tutt'intorno, nelle case e dietro le barricate che chiudono ogni collegamento con la città. Il primo manipolo di fanti esce allo scoperto e viene trucidato da uno sciame di proiettili. E così gli altri, dietro, accorrendo al rumore della battaglia, giungono alle Termopili sospinti dai plotoni che accorrono da dietro e quindi impossibilitati a ritrarsi. Trovandosi strozzati sotto il fuoco nemico s'avventano alla bajonetta sulle barricate, “ma un fuoco a bruciapelo, diretto da mani ferme e da cuori sicuri, fa di loro siffatta strage, che nessun altro osò più ritentare la prova”.

I MACELLAI - Haynau dal Castello osserva senza battere ciglio l'ecatombe che lui stesso ha scatenato ammirando, suo malgrado, il valore degli avversari. Quando l'ultima schiera imperiale viene trucidata all'Albera, pare abbia esclamato: “S'io avessi trentamila di questi indemoniati Bresciani, vorrei ben io fra un mese veder Parigi!”. Nel frattempo comanda a tutte le riserve del battaglione di Baden e alle compagnie di Rumeni di calare “a rinfrescare la battaglia”. Ma i soldati imperiali combattono per denaro o per imposizione non per ideali e amor di patria, così si muovono di “male gambe”. La Jena, non si scompone. Fa puntare i cannoni del castello contro i suoi stessi soldati tentennanti “gridando che a voltar le spalle ai fucili dei borghesi, sarebbonsi trovati in faccia alla mitraglia imperiale”. Così, ordina al tenente colonnello Milez di mettersi nelle prime file a dare l'esempio. Gli Austriaci partono all'assalto, ma appena le prime schiere arrivano all'Albera, Milez è il primo a cadere, trafitto al cuore. A quella vista dalle viscere dei Bresciani sale un rabbioso “strido di vittoria”, saltano fuori dai ripari e dai nascondigli e armati di bajonette, daghe e coltelli corrono verso i crucchi “desiderando odorare il fiato ai nemici, come ferocemente chiedono i macellaj, di cui una grossa brigata è corsa in difesa di S. Urbano”.

Tale è la furia dell'impeto bresciano che i soldati, abituati “al fischiar delle palle e al tuonar dei cannoni”, ma poco avvezzi “a sostenere il baleno d'occhi sanguigni e il digrignar dei denti”, si ritirano abbandonando morti e feriti in mano ai vincitori. Così la piazza fatale, "ingombra di mucchi di cadaveri", resta in mano nostra. Giunge nel frattempo il crepuscolo: Haynau, temendo nuove insiedie tra le ombre della sera comanda la fine degli assalti e la fortificazione delle posizioni conquistate. La città resta intatta: i nemici, che dal lato di Santa Eufemia sono stati ricacciati fin sulle mura ed alla soglia di Torrelunga, sono fermi anche S. Alessandro dove nulla hanno potuto così come a Sant'Urbano, S. Nazzaro, S. Giovanni e a porta Pile, la più vicina al Castello e la più difficile da tenere. Restiamo liberi. Per ora.

26 commenti:

ermanno ha detto...

"vi lasciamo in pace per dieci giorni, potete fare quello che volte!"
...mi sa che a roma l'hanno presa alla lettera

anonimo ha detto...

La Iena di Brescia:
La sua fama di feroce oppositore dei partiti rivoluzionari fece sì che, nei suoi successivi viaggi, venisse preso di mira dal popolo. A Bruxelles si salvò a stento da una folla inferocita. A Londra, un gruppo di facchini della birreria Barclay & Perkins che stava visitando, simpatizzanti della causa ungherese, lo presero a bastonate, provocando quasi un incidente internazionale.
Quando Giuseppe Garibaldi si recò in Inghilterra nel 1864, volle a tutti i costi visitare la birreria per ringraziare «gli uomini che avevano battuto Haynau».

Anonimo ha detto...

Il Giuseppe è sempre un grande.

Oh, comunque, erezioni anticipate forse, eh...12 giugno.

Il Cacatore di tombe ha detto...

Jena di merda, appena scopro dov' è la tua tomba infame, vengo a cagarci sopra.

Anonimo ha detto...

Mi inchino davanti a cotanto lavoro di redazione delle vicende delle 10 giornate che resero Brescia gloriosamente la Leonessa d'Italia!
Complimenti.

Da ottobre a oggi, in nulla ha detto...

Anzi lo schifo.

rsk ha detto...

da ottobre a oggi qualcosa...
certe chicche si perdono nel vento...

Subito dopo avere incontrato i giornalisti, Berlusconi ha officiato alla terrazza Caffarelli il matrimonio civile tra il capo dell'ufficio stampa del Pdl, Luca D'Alessandro, e Paola Picilli, dell'ufficio stampa del gruppo pidiellino alla Camera. Alla cerimonia ha partecipato anche Al Bano, che ha cantato alcune canoni. «E' stata un'emozione -ha detto il Cavaliere, non uso al ruolo di celebrante alle nozze - . Gli sposi mi hanno anche regalato il bouquet».

Verdini e Previti testimoni ha detto...

Ogni tanto anziché fare gli imputati
fanno i testimoni ...

Mr. Big Bam Bubba ha detto...

Silvio sposa anche me. Ti amo.

la società dello spettacolo ha detto...

Si spengono le telecamere
cala il sipario
la pagliacciata è finita
e gli italiani dormono tranquilli...
poi la prossima volta, quando sul tg1 non apparirà la notizia di incidenti fuori dal parlamento perchè oltre agli aquilani, i disoccupati, i precari, gli immigrati, i poliziotti e gli operai della fiat ci saranno anche i lampedusani...non veniteci a dire che non ve l'avevamo detto.


ROMA – “Anche io sono lampedusano”, gridava solo 48 ore fa Berlusconi nella sua visita nell’isola approdo di migliaia di immigrati. Per rendere più credibile l’affermazione Berlusconi disse in pubblico che aveva comprato casa nell’isola: villa Due Palme, con giardino, piante lussureggianti e spiaggia privata. Ma ad Annozero mettono in dubbio la cosa. Perché? Perché la villa è attaccata all’aeroporto e ogni due per tre c’è il rumore assordante di un aereo che arriva o decolla, senza contare il perenne tanfo di cherosene. Va bene che l’annuncio serviva soprattutto a ingraziarsi gli isolani infuriati, ma si tratta pur sempre di un investimento…Insomma Berlusconi c’avrebbe ripensato, non è sicuro di comprare la villa. L’avrebbe detto al governatore siciliano Raffaele Lombardo e l’indiscrezione è stata rilanciata dal giornalista di Annozero Corrado Formigli."

Mr. Baby Face ha detto...

Silvio per me invece l'estrema unzione...

Notizie dal Fronte ha detto...

Bonvi compirebbe 70 anni.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/31/bonvi-i-70-anni-mancati-di-un-formidabile-genio/101328/

Bonvi, di noi. Uno che aveva capito già in tempi non sospetti che c'è sempre un Fronte.
Che lo si voglia o no.

Notizie dal Fronte ha detto...

Linea del Fronte di Fukushima:

"Berlusconi in soccorso dei giapponesi minacciati dalla fuga di radiazioni: “Ho comprato una villa a Fukushima”"

Alessandro Scalzo
www.luttazzi.it

Le nostra scorie nucleari ha detto...

A Saluggia (Vercelli)

Through the barricades ha detto...

La cosa più triste è vedere un movimento nato e alimentato dalla protesta verso le nefandezze perpetrate dai partiti nella prima repubblica (la Lega), prestarsi a fare dei colpi di mano (come quello di l'altro ieri sul processo breve alla Camera dei Deputati) a sostegno dei soliti noti e contro l'integrità del sistema giudiziario italiano.
Quand'è che Napolitano manda tutti a casa? O dobbiamo fare ancora le barricate anche noi dopo 160 anni?

Non dura ha detto...

Italiani, il popolo dei molti delinquenti, governato da molti delinquenti.
La cosa non può durare.

Regius Bogis Sparpaglionis ha detto...

se tutti sono furbi allora nessuno è scemo. e non ci si può fregare l'un l'altro, se siamo tutti furbi.

quindi sarà presto guerra civile fra diversamente furbi

B. solidarizza con il limone pazzo ha detto...

Berlusconi a sostegno del limone pazzo di Sabbio: "Ho comprato una piantaggione di limoni a Sabbio".

ancora B. ha detto...

Berlusconi solidarizza con gli abitanti di Scampia: "ho comprato le Vele"

sempre più Mister B. ha detto...

Berlusconi solidarizza con Adriano:
"ho comprato le favelas di Rio"

rsk ha detto...

E' incredibile non ci sono più commenti possibili. vien da dire che questi atteggiamenti sono propri della cultura politica del protagonista degli stessi: la cultura fascista. Vien da dire che forse Matteotti potrebbe eesere un valido testimone di comportamenti simili in un ambiente e clima simile nell'italia degli anni 20 alla vigilia della parte peggiore del ventennio. Il problema è che questi metodi servono e sono ad uso e consumo di quegli stessi uomini e donne, cittadini ed elettori che, senza un minimo di senso del pudore, Annozero ha fatto vedere ieri in apertura di puntata, starnazzare idiozie indicibili fuori da palazzo di giustizia di Milano in attesa del loro santo e eroe che dopo ben 8 anni si presentava a giudizio. Cose come "poverino è sempre in tribunale" oppure "lo amiamo perchè ci ha salvato dal comunismo" oppure "ma vai a cagare", "lui è un santo"...fanno ormai parte di un linguaggio politico che si riflette perfettamente in parlamento negli atteggiamenti e nei "bravo bravo bravo" di LaMuffa e compagnia fascistando. Questi sono i veri elettori forti del P2l coloro che si nutrono di televisione e pentothal e sguazzano nel mare nero dell'analfabetismo di ritorno trascinando con sè il paese in un baratro socio culturale che alla fine è il fascismo.

rsk

MdC ha detto...

stiamo ultimando l'ultimo episodio... ci scusiamo per il ritardo...

Andate a cagare! ha detto...

Nooooooooooooooooo!

Hanno colpito il giornalista!

Noooooooooooooooooo!

Chi ci dirà ora come sat proseguendo la battaglia...proprio ora che sembrava giunta all' ultimo giorno...

Nooooooooooooooooooooooo!

MdC ha detto...

orco diaol sto finendo osti... è colpa della società...

MdC ha detto...

A proposito: giornalista lo dici a tua sorella ;)

Anonimo ha detto...

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