Cara è la fine...ci annusano ormai,sentono il lezzo del panico che spruzza in freddi sudori il terrore che c'è.Non glieli daremo per ungersi dei nostri mali stillanti le mani avide:che ci tocchino morti, secchi e gelidi.Oh, non piangere,urla piuttosto e lasciamo di noi un ricordo toccante.Stringiti a me,ringhiagli addosso e poi sparami mentre io sparo a te.Dieci pistole spianate e dieci sguardi ruvidi e tesi che puntano qui dentro l'auto, e la corsa finisce così. Cara è la fine...perdonami.Oh, non piangere,urla piuttosto e lasciamo di noi un ricordo toccante. Stringiti a me,ringhiagli addosso e poi sparami mentre io sparo a te. Ci vogliono vivi e colpevoli...ma che vita è una cella? Avremo di più:quella stella che un giorno mi donasti, lassù.Oh, non piangere...

giovedì 31 marzo 2011

X Giornate di Brescia - Ottavo giorno

Quanto deve giudicarsi grande
e singolare la virtù eroica di una popolazione,
che, forte più che tutto sul suo buon diritto e sul suo ideale,
lotta per la nobile sua causa e intende uscirne trionfante,
fosse pure tra l'eccidio e le fumanti ruine
della sua stessa città”.
 FIORENTINI


di Trito Sterzi


Da un abbaino della putrida cantina sede de "Il Rivoltante bresciano", poco prima di andare in "stramba", spunta questa strana lettera... Ne pubblichiamo il breve contenuto... l'autenticità del documento è dubbia: "Vestirmi io da semplice soldato? Non l'avrei mai immaginato. Come pure mai avrei creduto che una causa così ignobile potesse essere sostenuta con tanta perseveranza. Non so se è più l'ira o il desiderio irrefrenabile di ridurre all'impotenza, di soggiogare, che mi spinge a non dare pace a questa gente. Bresciani! Vi basti sapere che sono qui e che avrete tempo per maledire il mio nome". H.

Il Presentimento di un'imminente catastrofe
Siamo soli di fronte alla furia dell'Impero
Cose che hanno davvero senso

Brescia, 30 marzo 1849

Echi confusi di fantomatiche invasioni. Tremila, cinquemila, dieci mila, di giorno in giorno ne arrivano smepre più. Ma che differnza fa ormai? Li sentiamo marciare, sparare e inveire. Sono suoni reali o ce li stiamo inventando?  

Con il nome di “Ronchi” viene indicata la porzione di prealpi lombarde che si stacca dalla pianura proprio in corrispondenza di Brescia, poco dopo Porta Torrelunga. È il posto ideale da presidiare se si intende mettere a ferro e fuoco la città. Da ieri, ottavo giorno di rivolta gli austriaci lo presidiano.

Allo spuntare del giorno tutta la città è in moto”: il tamburo batte l'adunata generale e tutti corrono alle difese. Il nemico avanza, ne arrivano altri da Peschiera, ma intorno alle 11 giungono anche fucili svizzeri per i bresciani e due bare di munizioni. La città è elettrizzata. In due ore i cittadini armati aumentano di numero giungendo a circa 3000 combattenti contro i 3500 uomini in più e i pezzi d'artiglieria asburgici giunti in giornata da Peschiera. Gli invasori stanno circondando la città e molti rimangono ancora senz'armi.

SI SCIOGLIE LA BANDA BOIFAVA - La giornata ha un sapore amaro per i gruppi armati di don Boifava. Scendendo dal ronco del Goletto con i suoi, nelle prime ore del mattino, il prete guerriero vede che il nemico s'avvicina a San Gottardo, ma nonostante tutto vuole combatterlo. Circa settanta cacciatori tirolesi vengono ben presto messi in fuga, ma anche Boifava deve cedere il passo. La sua colonna è ormai ridotta a soli sessanta volontari e visto che gli austriaci possono contare su un'altra colonna di circa 300 soldati decidono che non è saggio restare: passano rapidamente da Santa Croce e Corsalunga fino a Collebeato, al nord della città, e poi con gli ostaggi al seguito, puntano in direzione della chiesa la Stella di Gussago. Qui, per mancanza di munizioni e quindi impossibilitata a portare avanti qualsiasi azione, la banda viene sciolta. “Da qui in poi, ognuno per sé, Dio per tutti!”. Gli Austriaci li cercano e non li trovano e per una specie di rappresaglia idiota danno alle fiamme il romitaggio di S. Gottardo, il casino del Goletto e qualche casa a Valverde. Gli abitanti dei colli (due mila circa), costretti ad abbandonare ogni cosa, scappano al casale fortificato di S. Margherita, per assistere da là al “desolante spettacolo di distruzione”. Sgomberati i Ronchi, per gli imperiali diventa facile impossessarsi della strada che conduce alla succursale del Castello, passando sotto i bastioni della Pusterla. Sul lato nord, eventualmente c'è una piccola strada d'accesso detta “del Soccorso” e utilizzata già una volta – in passato – da mano francese per nuocere sadicamente alla città. Forse anche gli imperiali intendono riconiungersi con il contingente chiuso nella fortezza? Chi può dirlo con certezza? Passato il mezzogiorno, gli asburgici scendono a rastrello dai Ronchi verso la città e, alle quattro, occupano una linea che da, S. Francesco di Paola si stende a S. Gaetanino. Non c'è scampo per quaranta e più di quei soldati (jäger) “veduti cader già dalle rupi, colpiti dai projettili lanciati contro di loro dalle mura fra Torrelunga e S. Pietro”.

IN CITTA' – All'una, le campane di S. Maria Calchera danno il segnale seguite “a stormo” dalle altre. Tutta la popolazione grida: “Guerra! Guerra! morte al nemico, viva Brescia!” Ed ecco che, proprio fuori Torrelunga, sotto il diluvio di colpi del Castello che ha ripreso a pieno ritmo il fuoco, la lotta riprende. Il numero dei nemici oltrepassa – secondo alcune stime – i 6 mila uomini con 12 pezzi di cannone, comandati da due generali e da altri ufficiali di Stato Maggiore. In più, il Castello. La morsa si chiude e la città viene investita da ogni lato. I Bresciani, privi d'esperienza, “ma animati e sospinti da amor di patria combattono da eroi accorrendo ove più calda era la zuffa e maggiore il pericolo”. Verso sera la battaglia infuria ancora da Porta S. Giovanni a Porta Pile e da Torrelunga alla Pusterla. I combattimenti durano per tutta la notte. La strada da S. Eufemia e quella di circonvallazione delle mura, da Torrelunga alle altre porte, traboccano di cadaveri austriaci e di Italiani del reggimento imperiale Sigismondo.

Gli austriaci verso le due, riescono a costituire un semicerchio di milizie che dalla Pusterla al nord, giunge fino alle porte di S. Alessandro e di S. Nazzaro. Si muovono contemporaneamente verso la città, facendo impeto ovunque, ma specialmente a porta Torrelunga, mentre un altro nutritissimo bombardamento da parte del Castello, ritorna a tempestre la stessa porta. I bresciani si difendono sulle mura, per le strade, dietro le barricate. "Nè le bombe dal Castello, né quelle da fuori o la fitta moschetteria" possono fiaccare l'impeto dei difensori, anzi al grandinare dei colpi sovente rispondevano con grida: Viva l'Italia!" "Nè i vuoti che la morte provaca tra quelle fila restavano a lungo scoperti, ma tosto venivano colmati da altri, giacchè tutti andavano a gara nello spingersi avanti, per essere a miglior portata di offendere il nemico".

Il conflitto durò fino a sera, e sebbene colpite dalle palle del cannone, nessuna barricata venne abbandonata. Il nemico si ritirò di nuovo a S. Eufemia della Fonte. Si sente ora suonare a stormo, ora "battere la generale", incessanti le grida di "all'erta!", "all'erta!". Brescia, in poche parole: dispiegata in una tale sorveglianza “da rendere vano ogni tentativo d'assalto, tanto che la notte trascorsa pare guardata non da un agglomeramento informe di gente in armi, “ma dalla più ammaestrata guarnigione di soldati, da lungo esercitata alle discipline di guerra”.

Questa la situazione di una città piena d'ansie”. Non sembrano meno gravi le condizioni morali della cittadinanza, “sulla quale oramai incombe il presentimento della imminenza di una catastrofe. Gli spiriti dei Bresciani non potevano che ondeggiare in un angosciosissimo bivio”. Eppure il Governo a Torino, chiunque siano ora i rappresentanti, non ignora l'insurrezione di Brescia, e nonostante tutto, “non manda alcun messo ufficiale a Brescia ingannata, per farle conoscere lo stato vero degli avvenimenti”.

SIAMO SOLI - La notte passa in continua vigilanza”. Allerta massima tra porta Pile e porta Torrelunga sebbene, essendo notte oscurissima e piovigginosa, risulta difficile avere una visione completa del Castello che – secondo fonti attendibili – nel corso della notte riceve, per la porta del Soccorso, un aiuto di soldati. Tra questi il maresciakllo Haynau, travestito da semplice gregario, venuto apposta da Padova per porre fine alla rivolta dei bresciani.
 

17 commenti:

Cochise ha detto...

dopo una giornata passata a leggere le notizie dei rivoltanti giornali italiani di oggi, tornare alle cronciche bresciani dei moti e delle dieci giornate è una boccata d'aria fresca...bellissimo resoconto

complimenti

Merde senza dignità ha detto...

I rivoltanti giornali italiani di oggi.

Oggi Libero titola:
"FINI PERDE LA TESTA"

FINI?????????????????????

Feltri e Belpietro sono davvero due merde senza dignità.

Finamai Il Giornale oggi parla invece di un Cavaliere infuriato con La Russa, per la cagata che ha fatto...per forza, per colpa di quel fascista impazzito gli salta il blitz sul processo breve!

Feltri e Belpietro sono davvero due merde senza dignità.

Ficcatevi i croissant nel culo! ha detto...

Il patriotismo non dovrebbe mai trascendere nel nazionalismo o nel razzismo, lo so...

ma quei francesi del cazzo che rispediscono gli immigrati indietro a ventimiglia mi fanno ribollire il sangue.

"Libertè, fraternitè, egalitè"...posso dirlo? se domani un francese viene ancora a menarmela con la sua "Libertè, fraternitè, egalitè" io gli sputo in faccia.

Lunga vita agli statisti italiani ha detto...

Ultimo dispaccio del Partito Italiano dell'Amore ai Libici:
"Fate l'Amore e non la guerra".

I nostri statisti la sanno lunga...

Mario Antonietto ha detto...

Agli ordini.

Nuova Villa del Premier ha detto...

Ne ho le palme piene delle sue ville.
La gente chiede asilo e lui risponde: "Dategli l'Università!".

Anonimo ha detto...

La scienza avanza a passi da gigante: in arrivo nuovi metodi anticoncezionali: presto il Processus Interruptus.

Anonimo ha detto...

procoitus...

MdC ha detto...

Cani lettori

Stiamo concludendo (e speriamo di farlo) il resoconto delle X Giornate di Brescia, ma non abbiamo smesso di leggere e vedere (non più in tv visto che il digitale terrestre è una MERDA), cosa accede in questo relitto di paese che è solo la pallida e squallida copia di quello per cui hanno combattuto e per cui spesso si sono sacrificati i nostri antenati, bisnonni, nonni e padri.

Oggi purtroppo governano fascisti, mafiosi, arroganti, presuntuosi, bugiardi, papponi e mignotte. Spicca fra tutti il ministro dell'insulto, il detestabile escremento Kestrazio La Muffa (tra le altre cose, protettore della Becca il che la dice lunga anche sul soggetto "Becca").

Noi ci si vergogna di essere italiani. non so voi...


grazie ancora per il sostegno dimostrato in queste giornate.

da lunedì riprendiamo col solito delirio.

Concetto Ribaltato ha detto...

ok è vero fanno tutti schifo
sono delle putride boasse del cazzo
ma quelli che dovrebbero vergognarsi di essere italiani sono loro, quelli che dovrebbero restituire il passaporto sono loro, quelli che dovrebbero levarsi dalle palle sono loro. Noi dovremmo sentirci orgogliosi di essere gli antenati di Tito Speri o di tanti partigiani che hanno lottato per la liberazione dell'italia dai larussa di turno...laswciamo che loro si sentano padani, mafiosi, fascisti e piduellisti. Noi siamo italiani loro che si levino dalle palle...

Cochise ha detto...

Banania is not italy
per quanto sgangherato possa
essere il nostro caro stivale puzzolente
non potrà mai perdere il confronto con la banania...solo dei gretti trogloditi marxziani possono preferire di far paret di una nuova nazione banana rispetto ai fasti ineguagliabili nel mondo che il nostro paese anche solo negli ultimi 150 anni ha raggiunto...
per questo BANANIA IS NOT ITALY lo diciamo noi con orgoglioso senso di appartenenza ad uan sgangherata e puzzolente nazione come l'Italia nei confronti di 4 peracottari ignorantidi Banani trogloditi del cazzo scaldapoltrone e voltagabbana...
ho detto

Storia di un impiegato ha detto...

Sono d' accordo con concetto ribaltato.
Non mi vergogno di essere italiano, perchè sarebbe un po' come sentirmi colpevole e compartecipe di certa gente.
Non ce la faccio.
Non vedo in che modo potrei esserlo. Non li ho mai votati. manifesto ovunque, ogni volta che posso, il mio dissenso dalle loro azioni. Faccio quanto può fare un buon padre di famiglia nella sua collettività. Di cosa dovrei vergognarmi? Di non avere mai costruito una bomba carta? Anche qui:
non ce la faccio.
Di non essere più attivo nella vita politica? Allora avrei fatto il politico. Invece sono un impiegato e non mi posso permettere di aspettare Tremonti. I conti della mia famiglia a fine mese devono tornare. Il tempo che resta, poi, posso anche occuparlo per la politica e per quell' uomo.

E poi non mi vergogno di essere italiano, perchè sarebbe come sentirsi una debole minoranza onesta in un paese di delinquenti.
Dobbiamo invece cominciare a prendere consapevolezza che siamo un paese onesto con una minoranza di delinquenti meno forte di quello che si pensi.
Non sono parole mie. Sono di Roberto Saviano.

Infine, non mi vergogno di essere italiano perchè non vedo alternative a questo punto. Nato qui, cresciuto qui, morirò qui. Qua è la mia vita e qua è la mia storia.
Questa è la realtà che un giorno vorrei vedere diversa. Devo vergognarmi di questo senso di appartenenza?

Non ce la faccio.

Eroe Italiano ha detto...

Impiegato sei un eroe.

distrazione di massa ha detto...

...e quando l'atmosfera in parlamento s'infiamma c'è sempre un "anarchico" che con perfetto tempismo distrae le masse.

this is banana republic

Laura ha detto...

In questi giorni il dibattito pubblico sugli arrivi via mare a Lampedusa è più che mai acceso e confuso. Nei giornali, come nelle trasmissioni televisive e radiofoniche sia i conduttori che gli ospiti – spesso esponenti delle istituzioni e ministri – per definire coloro che sbarcano sulle coste italiane alternano indistintamente parole come profughi, clandestini, extracomunitari, rifugiati.

Il termine che va per la maggiore, il più inflazionato e utilizzato è senza dubbio “clandestino” che porta sempre con sé qualcosa di negativo, un carico di pregiudizio. Clandestino è una persona che si deve nascondere, che è pericolosa: usare questo termine significa bollare le persone che arrivano in Italia prima di sapere chi sono.

Vengono chiamati “clandestini” i migranti irregolari che arrivano via mare per motivi economici, per cercare un lavoro e mandare i soldi a casa. Ma anche chi sulla carretta c’è dovuto saltare per mettersi in salvo e arrivare in un posto sicuro, i richiedenti asilo.

Quando si scappa dal proprio paese perchè in fuga dalla guerra, dalla violenza, dalla violazione dei diritti umani e dalla persecuzione, lo si fa con ogni mezzo. Perchè non si ha scelta e magari neanche i documenti. Spesso si è costretti a rischiare la propria vita. Queste persone, per il fatto che arrivano via mare, in Italia vengono subito etichettate “clandestini”.

Giuridicamente esistono i migranti irregolari e i richiedenti asilo.

Usare la parola “clandestino” non è un’ esemplificazione. Significa contribuire ad alimentare la paura, l’ansia e avvelenare il pozzo poco a poco. Perchè il linguaggio condiziona fortemente la percezione del fenomeno.

Oggi l’opinione pubblica invece di mettersi nella condizione di favorire l’accoglienza, si sente messa di fronte a un’invasione di persone minacciose. E questo stato d’animo – come stiamo vedendo in questi giorni in varie parti del Paese – ha delle ripercussioni negative anche sull’organizzazione stessa dei piani di intervento. In molti si oppongono e manifestano contro la tendopoli vicino casa. Vedendo tutto ciò viene da chiedersi dove sia finita la solidarietà italiana.

Nel 1999 durante la crisi del Kosovo tutti volevano fare qualcosa, o inviare aiuti e doni o organizzare l’accoglienza sul territorio italiano, una vera gara di solidarietà tra enti locali, associazioni e circoli. Oggi tutto ciò sembra solo un lontano ricordo. Forse è giunta l’occasione di recuperare le nostre migliori tradizioni e di riappropriarci di quei valori di umanità e generosità che nel tempo hanno sempre caratterizzato la cultura italiana.

Jebediah Wilson ha detto...

l'impiegato ha ragione da vendere e mi scuso con lui per aver detto le solite riottose dabbenaggini dettate da disgusto provocato unicamente dalla visione del La Muffa.

in realtà non servirebbero bombe nè attentati nè altri artifici del cazzo, basterebbe solo cambiare preposizione:

da un popolo DI coglioni passare ad essere un popolo con i coglioni.

grazie amico impiegato. bau

PS

cn tutte ste giornate di brescia c'ho la rivolta nel sangre

FAI del cazzo ha detto...

Chissà perché quando ai rappresentanti del cerchio sovrastrutturale butta molto male c'è sempre puntuale qualche coglione pronto ad aiutarli:
Prima un Tartaglia qualsiasi, uno squinternato che nella vita è sempre stato scoordinato in tutto, e magicamente con perfetto tempismo fa l'unica cosa che un oppositore di B. non farebbe, ossia renderlo un martire.
Adesso sembra che dei fantomatici anarchici si siano messi a sfrugugliare nientepopodimenoche "la Folgore".
Ma chi ci crede?
Neanche Gasparri con il suo labbro penzoloni ci abbocca.
Tempi duri per i puri...