Cara è la fine...ci annusano ormai,sentono il lezzo del panico che spruzza in freddi sudori il terrore che c'è.Non glieli daremo per ungersi dei nostri mali stillanti le mani avide:che ci tocchino morti, secchi e gelidi.Oh, non piangere,urla piuttosto e lasciamo di noi un ricordo toccante.Stringiti a me,ringhiagli addosso e poi sparami mentre io sparo a te.Dieci pistole spianate e dieci sguardi ruvidi e tesi che puntano qui dentro l'auto, e la corsa finisce così. Cara è la fine...perdonami.Oh, non piangere,urla piuttosto e lasciamo di noi un ricordo toccante. Stringiti a me,ringhiagli addosso e poi sparami mentre io sparo a te. Ci vogliono vivi e colpevoli...ma che vita è una cella? Avremo di più:quella stella che un giorno mi donasti, lassù.Oh, non piangere...

lunedì 10 maggio 2010

Con la massima indiscrezione

Con Mostruoso ritardo pubblichiamo il secondo capitolo del romanzo a puntate di Udillia Kkker che tra l'altro compie gli anni proprio oggi (11 maggio). Auguri vècia... hehhehe. "Con la massima indiscrezione"racconta l'ascesa e la caduta di un "simpatico" self made manager fatto proprio "self made"... diciamo così... che tra mille strafalcioni, roccambolesche vicende e alterne fortune finisce per dirigere la baracca (la filiale italiana di una nota mutinazionale)... dirigere è una parola grossa. Buona lettura.

Capitolo 2 - "IL NOCCIOLO DELLA MATASSA"
(ovvero: Carriera di un manager)

di Udillia Kikker

Giuliana era una ragazza ventottenne, sposata e mamma di un bambino di sei anni. Fresca di maturità, era stata assunta nel momento in cui la multinazionale aveva aperto la propria filiale italiana e si occupava degli aspetti finanziari e amministrativi dell’azienda. Spesso ritornava con la memoria a quando, dopo le scuole medie inferiori, si era trattato di scegliere la scuola superiore da frequentare. Suo padre l’aveva dissuasa dal seguire il suo desiderio di studi umanistici e così, di buon grado, si era rassegnata a frequentare l’indirizzo sperimentale di un Istituto Tecnico Commerciale. In cuor suo non era stata molto contenta della scelta e si era sempre posta un paletto ben chiaro: quello di non finire a lavorare in banca come nella canzone di Venditti “Compagno di scuola”.

Aveva però dovuto riconoscere che suo padre l’aveva ben indirizzata, quella scuola si era rivelata vincente dal punto di vista lavorativo. L’assunzione era giunta a meno di un mese dagli esami di maturità e il lavoro sembrava creato per il suo diploma di perito aziendale e corrispondente in lingue estere. In verità Giuliana continuava a pensare che il suo fosse un titolo di studio improponibile, così lungo e pomposo e, con la sua solita dose di auto-ironia, lo aveva abbreviato in P.Az. anche se non suonava un granché bene.



Dopo nove anni di lavoro nella multinazionale, era diventata l’impiegata con maggiore anzianità lavorativa, godeva di una grande autonomia gestionale, aveva conseguito a spese della società una specializzazione in contabilità anglosassone e raggiunto un buon livello di conoscenza della lingua inglese parlata e scritta, come si dice in questi casi. Nonostante il trascorrere del tempo, però, la fanciulla non riusciva ancora a capacitarsi della rapida e sfolgorante carriera che aveva visto Nicola pasdsare rapidamente da semplice operaio ai vertici della società italiana.




La sua fortuna era iniziata in contrapposizione al rapido allontanamento dell’amministratore delegato che, essendo ingegnere e perciò convinto di essere indispensabile, aveva deciso di contrastare il vice presidente della company americana, un irlandese dalle non eccelse qualità che però aveva l’indubbio vantaggio di essere il nipote preferito di uno degli azionisti di riferimento della casa madre.

Dopo il defenestramento dell’ingegnere, Nicola il simpatico e fedele caposquadra fu nominato direttore delle vendite e incaricato di garantire che i clienti non risentissero dei cambiamenti al vertice. La parte amministrativa fu affidata alle impiegate che da due divennero presto cinque, in seguito al consolidamento del business in Italia.

Bisognava riconoscere che le cinque ragazze erano sempre state trattate con molta considerazione dagli amministratori della sede europea, anche se, nonostante il passare degli anni, continuavano a chiamarle “the girls”. I capi avevano concesso orari flessibili, part-time quando le necessità di mamma lo avevano richiesto, in tempi in cui in Italia l’uso del part-time era quasi sconosciuto o ritenuto poco produttivo per l’azienda. Da parte loro le cinque girls avevano formato un team affiatato che alla solidarietà di gruppo associava un lavoro svolto con disponibilità e professionalità da tutti riconosciuta.
Il business procedeva piuttosto bene, la favorevole congiuntura economica e la presenza sul mercato di poche società concorrenti consentivano di realizzare consistenti utili senza un relativo grosso impegno. Succedeva a volte che, durante le conversazioni telefoniche, il direttore delle vendite usasse termini non proprio corretti tipo: “…non possiamo concederle altre dilatazioni di pagamento...” oppure “…lei non può farmi aspirare un assegno per così tanto tempo…”, ma si sa, le linee telefoniche sono spesso disturbate e può succedere di non capire bene tutto quello che viene detto. così fu per il cliente, informato del fatto che “il prezzo dei sacchi di carta è legato al costo della cellulite…” di sicuro pensò di aver capito male. Il fornitore che si sentì rispondere da Nicola “ …non ho tempo da perdere, venga al nocciolo della matassa…” forse si sorprese di quanto colto fosse il suo interlocutore e si affrettò a proporre quanto aveva in mente, convinto di parlare con un edotto dirigente, molto impegnato al momento.

Le cinque impiegate erano solite sorridere tra loro e darsi di gomito quando sentivano quelle frasi e avevano preso l’abitudine di annotare quelle che definivano “le massime di Nicola” per poterle rileggere la sera regalando un po’ di buonumore anche ai rispettivi consorti. Col passare del tempo il direttore delle vendite acquistò poi sempre maggiore sicurezza e si fece più ardito nelle conversazioni:

Noto una certa deturpanza in lei – disse un giorno a un cliente un po’ perplesso – si fidi, il prodotto è buono. Comunque voglio essere unanime con lei, le faccio un prezzo stracciato...” Conclusa la telefonata, Nicola si volse verso Lara, una delle impiegate incaricata del lavoro di segreteria, sentenziando quasi a giustificare il suo operato: “Meglio una gallina oggi che un uovo domani”!

Lara volse prontamente lo sguardo verso Giuliana chiedendole con un’occhiata se anche lei avesse recepito la nuova versione del proverbio e, ricevuto un silenzioso cenno di conferma, si concentrò nuovamente sul suo lavoro.

Le ragazze confidavano sempre nel fatto che i clienti distratti non prestassero orecchio ai dettagli, anche se per la verità, il nostro eroe non si era mai posto il problema della sua scarsa cultura: al contrario si faceva vanto di aver frequentato solo le elementari e di aver raggiunto una posizione invidiabile “senza scuole”.

La vita trascorse senza grossi sussulti per alcuni anni. Nicola, dimostrando una discreta predisposizione per le lingue, iniziò ad esprimersi in inglese utilizzando frasi e parole orecchiate alle riunioni e anticipando i sistemi “full immersion” tanto di moda oggi per l’apprendimento delle lingue straniere.

Cominciava ad apprezzare i lati positivi della sua nuova posizione, perché potersi presentare da direttore dove prima si era sempre proposto come operaio caposquadra, lo riempiva d’orgoglio. Si era anche convinto che, in virtù della sua nuova posizione, gli fossero consentite valutazioni istantanee delle persone con cui stava trattando.

Dopo dieci minuti – egli asseriva – io so già chi ho di fronte e posso fare le mie aggiunzioni e le mie deduzioni” Nulla da eccepire: un’affermazione degna di un qualificato corso di marketing aziendale. In quegli anni ci teneva a deliziare il personale impiegatizio con i racconti riguardanti la sua vita. Egli era nato, ultimo di cinque figli, da tale Nunziata di professione lavandaia, la quale rimasta vedova in giovane età con tre figli da sfamare, li aveva portati in dote al secondo marito, Cosimo un muratore con il quale aveva fatto altri due bambini tra cui il piccolo Nicola.

Cosimo, nel tentativo di arrotondare il magro stipendio, finì per essere vittima di un infortunio sul lavoro. Se da un lato quella disgrazia privò la famiglia della sua presenza, la lasciò però, per breve tempo, senza problemi economici grazie al rimborso assicurativo.

Esaurito quello, Nicola poco più che tredicenne, fu avviato con i fratelli al lavoro del bracciante agricolo fino a quando la patria non lo chiamò per farne un baldo marinaio. La Marina nei ricordi del nostro eroe era sempre citata come “la fonte della sua rinascita”, perché durante il servizio militare, improvvisatosi barbiere di bordo, riuscì ad accantonare un discreto gruzzoletto.

Terminato il periodo di leva e senza prospettive per il futuro, decise di seguire ancora una volta il destino dei fratelli emigrando con loro in Germania. Prima di partire convolò a giuste nozze con Vincenzina, la figlia terzogenita di un contadino, al quale non parve vero di potersi liberare di una bocca in più da sfamare e la rifilò allo sposo senza alcuna dote. I due colombi partirono così alla volta della Germania dove trovarono entrambi lavoro come operai.

Grazie all’esperienza di barbiere maturata durante il servizio militare, Nicola iniziò una seconda attività dopo i turni lavorativi. Tra una rasatura e l’altra, ebbe modo di conoscere un tecnico tedesco il quale lo mise al corrente che la società americana per la quale lavorava stava aprendo una filiale in Italia e cercava operai. Dopo aver informato della nuova prospettiva di lavoro uno dei suoi fratelli e i due cognati, fratelli della moglie, riuscì a far assumere tutti in blocco.


Intuendo che in una società appena costituita c’erano possibilità per emergere, Nicola si diede subito da fare per mettersi in luce con i capi americani e, in quella sua smania di primeggiare, non andò tanto per il sottile con i colleghi, anche se si trattava di parenti, riuscendo a diventare caposquadra e ad averli tutti alle sue dipendenze. Il suo modo di comportarsi scatenò però una faida familiare che culminò con una violenta lite e con le dimissioni dei cognati. Quell’abbandono gli consentì di rendere più stabile la sua posizione che fu poi ulteriormente rafforzata dall’allontanamento dell’amministratore delegato. I racconti di Nicola erano sempre molto coloriti e divertivano le cinque ragazze che, nonostante fossero consce dei suoi limiti, gli perdonavano certi eccessi in virtù dell’entusiasmo che metteva nel lavoro. La schiettezza con cui riconosceva di non sapere molte cose, non avendo potuto studiare, rendevano passabili i suoi strafalcioni. Non mancava di sottolineare la sua mancanza di cultura anche con molti clienti, scegliendo però con cura quelli di cui era nota la scarsa scolarità, per bearsi insieme del successo raggiunto grazie alle loro capacità, quasi a dimostrare l’inutilità del famoso titolo di studio. Apparentemente non sembrava interessato al potere, ma solo al fatto che la sua posizione dirigenziale gli potesse garantire un congruo aumento di stipendio ogni anno. La sua filosofia di vita era molto semplice: chi ha il denaro ha tutto.


Quelle convinzioni restarono valide fino al giorno in cui le “girls”, con un errore tattico imperdonabile in una multinazionale, decisero insieme di presentare una richiesta di adeguamento della loro posizione in relazione al lavoro svolto. Nicola avvertì il possibile rischio di vedersi esautorato di una parte del suo potere.

Fu così che, al tergiversare dell’azienda spiazzata da una inusuale richiesta collettiva, si affiancò la manovra sommersa del nostro eroe il quale fece presente che, essendo l’unico dirigente in Italia, aveva le carte in regola per poter far funzionare l’azienda in tutti i suoi aspetti.

Con l’abilità di un commediante dichiarò l’intenzione di licenziarsi nel caso non gli fosse stato concesso il controllo di tutte le attività aziendali. Fu così che, nel giro di pochi giorni, il tacchino mise le piume da pavone e fu nominato General Manager, diventando direttore delle vendite, degli acquisti, del personale, direttore tecnico e amministrativo di una società di “ben” venticinque persone.

Le cinque ingenue impiegate rimasero esterrefatte di fronte alla naturalezza con cui Nicola accolse la nomina a general manager, quasi fosse un atto dovuto a distanza di dieci anni circa dalla sua assunzione come operaio. Senza tanti giri di parole egli spiegò che lo riteneva solo il giusto riconoscimento per le sue capacità e per il lavoro svolto.

La presenza di un general manager in azienda indusse le ragazze a comportarsi come impiegate che dovevano ricevere precise disposizioni lavorative dal loro diretto superiore. Chiedevano a Nicola istruzioni su argomenti specifici, come IVA, dichiarazione dei redditi o la traduzione di termini tecnici inglesi, ricevendo sempre la stessa risposta: “Fai come hai sempre fatto, mi fido di te!

Si convinsero che, dopo il danno, non valeva la pena di subire anche la beffa e decisero di non chiedergli più nulla continuando a svolgere con autonomia il loro lavoro. Del resto Nicola non mancò di riconoscere la loro professionalità, almeno nei primi anni che seguirono la sua nomina, proponendo per le cinque impiegate cospicui premi di produzione e aumenti di stipendio annuali.

La sua megalomania non era ancora giunta a livelli preoccupanti, era sempre conscio di essere alla guida di una piccola azienda di sole venticinque persone e di avere bisogno di tutti per mandare avanti il business con profitto.
Più che un capo si considerava quasi un collega di lavoro e ci teneva ad avere rapporti cordiali con tutti i dipendenti, anche se cominciava a vedere l’azienda come una grande famiglia che ruotava intorno a lui. Nonostante quelle preoccupanti avvisaglie, le cinque impiegate avrebbero dovuto attendere ancora un po’ di tempo per assistere alla sua trasformazione in “padrino".




Epica del Terziario
Come finirà? Chi lo sà?

Solo Udillia Kikker

che è pronta a dircelo

"Con la Massima indiscrezione"

Su solo MdC:

"nu blog de fetusi sucaminchia!"

(Matteo Messina Denaro)

11 commenti:

Dario ha detto...

Una sana dose di disperazione invade periodicamente il corpo appena gli do il tempo di riposare, non bisogna prestare particolare attenzione, altrimenti va a finire che non scrivo più: comincio a rileggere le parole come fossi un lettore e le trovo superflue e inconsistenti, perdo il filo, comincio a togliere pezzi di frasi, e alla fine rimane un moncherino di periodo. Frasi menomate che si rincorrono grottescamente. Figlio della scuola inglese, italiana, americana.
Insomma, poco più che un inizio sconnesso, ma quello che conta è accarezzare la sporca tastiera del mio primo pc, mentre in sottofondo viene riprodotto il file dell’ultimo album dei Gotan Project: Tango 3.0, mi pare. Insomma qui si tratta di azzardare qualcosa di più. Gli Alpini insegnano.
Almeno sono riuscito a smettere di fumare le canne, mi masturbo meno. A dire la verità fumo ancora, ma ben più di rado. Qualche sigaretta, che come direbbe il buon zio Mike serve a compensare l’aspetto psicologico della dipendenza. Nessuna intenzione alla grammatica, agli errori di battitura.
Farò qualche follia, mi comprerò una Moto Guzzi, affitterò un appartamento in centro.

L’ultimo lavoro dei Gotan è maturo come un caco, ma aspro come la polvere della pista da ballo.
Dammi la fame e la voglia di meditare, la forza di farlo. La continuità del vento che spazza la terra e modella le rocce, piega le piante e sfonda i tronchi. Dammi il Tango. Ho mollato anche Facebook, anche se mi dicono che non è così facile disattivare l’account, mi ripropongo di evitarlo perché non allena l’immaginazione, che va coltivata come la fame. Ci vuole disordine per creare un cosmo, bisogna avere del caos dentro e sentirlo ordinarsi per esplodere ancora una volta, all’infinito in un processo sensato.
Sì perché le cose hanno un senso.

Carissimi, non dobbiamo cercare nuovi terreni di caccia, ma trasformare quelli in cui viviamo, per potere dire la verità, comoda verità. Chi ha mai detto che la verità sia scomoda? Lo è solo per chi non la conosce ancora. E’ scomodo perdere tempo, sprecare energie, essere pigri, avere la vista annebbiata, non cambiare punto di vista.
Non ho idea se la poesia possa aiutare a vivere, ma so che vivere con arte in Italia significa vivere meglio, lasceremo il timbro delle nostre scelte nelle cose che facciamo. Porteranno la nostra firma indelebile, in modo che un doman i nostri figli diranno, a questo contribuirono i nostri padri, le grandi donne che dominano e che vengono vendute di loro iniziativa.
Abbattiamo la stupidità che ci imprigiona, la paura che paralizza le nostre piccole scelte, accettiamo le conseguenze dei nostri errori, che possono essere sublimi e ridicoli

Jebediah Wilson ha detto...

Serve caos? ne ho a tonnellate

Gianluca ha detto...

Il racconto è molto carino, invece non ho capito cosa centrava il sondaggio col discorso e tutta quella roba su Raul Castro. Ciao cani.

Un utente ususale in incognito ha detto...

Miiiinchiiiiiaaaaa, u patrinuuu!

PS:
Visto che ora bisogna aspettare un' altro lustro per il prossimo episodio, non potreste almeno preparare dei trailers?

Così...per stemperare l' attesa.

Piantatela subito! ha detto...

Il popolo ha detto Antonio Merendoni e dunque quelle cose le ha dette Merendoni!

Punto.

Er Galassia ha detto...

MILANO - La nube di ceneri derivante dall'attività del vulcano islandese, proveniente da Sud Ovest, «invaderà il Mediterraneo occidentale fino alla Sardegna ed alla Corsica, e coprirà, inoltre, anche il Piemonte, la Liguria e gran parte della Lombardia, entro le ore 14 di oggi». Lo annuncia il climatologo dell'Enea Vincenzo Ferrara, sulla base di una nuova analisi e previsioni del Vaac (Volcanic Ash Advisory Centres). «Poi, entro le ore 20 di oggi - stima ancora il climatologo dell'Enea - la nube di ceneri vulcaniche si estenderà su parte del Veneto, sull'Emilia Romagna, sulla Toscana e sull'alto Lazio ed, infine, entro la tarda notte tra martedì e mercoledì (le ore 2 circa) coprirà tutta l'Italia settentrionale e centrale, escluso il Molise»

GRAN BELLA PRIMAVERA DE' MMERDA!

Concetta la balia perfetta ha detto...

MERENDONI IS MY ONLY REASON OF LIFE

Orecchio per fraintendere ha detto...

Comunque io ho votato merendoni e quindi quelle belle frasi le ha dette merendoni

Abruzzo ha detto...

Molise di figa

Tu quoque ha detto...

Voi state qui a ridere e sghignazzarvela mentre nel mondo c'è gente tradita che tracima sofferenza e si riempie di dolore

marlon brandy ha detto...

bitte?

...faaaasscciamo un breendeesehein?